Comprendere I valori dello sport nell’Italia che verrà

Un articolo  di Maurizio De Santis 

Il film racconta la storia vera di un professore di nome Konrad Kock che nel 1874 arriva in una scuola tedesca, in cui le esercitazioni militari e le tradizioni imperiali la fanno da padrone, per insegnare la lingua inglese.

Dalla mentalità fortemente progressista, rispetto al contesto in cui è inserito, il professore Konrad entra presto in scontro con i metodi disciplinari spietati, l’obbedienza incondizionata, il patriottismo e la logica classista che dominano la scuola, il che gli rende estremamente difficile costruire un rapporto di fiducia con i suoi studenti provenienti nella quasi totalità dalla borghesia tedesca, tranne il giovane proletario Joost che viene vessato e discriminato dagli stessi compagni, oltre che dagli insegnanti.

Tutto cambia nel film quando al professor Konrad viene un’idea geniale per avvicinarsi ai ragazzi: insegnare l’inglese attraverso il gioco del calcio e i suoi valori, sport totalmente sconosciuto nella Germania dell’Epoca.

Il successo tra i giovani scolari è immediato; mentre imparano la lingua inglese i piccoli adulti del domani acquisiscono concetti profondi come il senso dello spirito di squadra e del FairPlay (gioco corretto), principi che garantiscono le stesse opportunità a tutti i contendenti.

Il giovane Joost grazie alle sue qualità viene molto apprezzato dai compagni e diventa finalmente parte del gruppo superando le logiche classiste che i genitori avevano inculcato ai loro figli.

Lezioni di sogni” è un film del 2011 diretto da Sebastian Grobel.

Se penso alla mia esperienza, il calcio ha rappresentato uno snodo fondamentale nella mia crescita personale, molto più di analisi intellettuali giovanili, peraltro importanti per la crescita di un adolescente, perché mi ha insegnato a superare i miei limiti attraverso la fatica dell’allenamento e a stare in un gruppo.

Stare in un gruppo affiatato significa aiutare ed essere aiutati dagli altri, imparare ad occupare il territorio in cui ci si muove ed in particolare saperlo difendere, ma è altresì importante costruire con il gruppo, non individualmente, qualcosa di importante che possa trovare una naturale e concreta realizzazione per la soddisfazione dell’intero gruppo.

Per questo devo molto al calcio che ha accompagnato la mia crescita adolescenziale e mi ha fatto diventare un uomo migliore.
Col passare degli anni il gioco del calcio ha perso i suoi valori ed il mio interesse nei suoi confronti al punto di smettere di seguirlo, ma a volte abbiamo bisogno di conferme e così….il 20 giugno 2024 mi sono fatto convincere da un amico a guardare la partita Spagna-Italia, fase finale del campionato europeo. Sono anni che non guardo una partita perché ho compreso l’inutilità di uno spettacolo unicamente costruito per distogliere l’attenzione su ciò che sta accadendo nel nostro paese e non solo.

Il popolo ammaestrato aspetta con ansia la discesa in campo della squadra nella quale si identifica totalmente fino a gioirne, in caso di vittoria, o a disperarsi, in caso di sconfitta.

Questo teatrino costruito ad arte da chi ci manovra, serve a spostare l’emotività individuale sull’idolo del momento che nulla ha a che fare con la vita reale della persona, che di fatto entra e vive in una realtà fittizia, illusoria, momentaneamente consolatoria.

Guardando la partita, senza entrare in valutazioni tecniche che lasciano il tempo che trovano, se la si osserva con distacco e senso critico emergono alcune considerazioni sociologiche per nulla banali che ben contrastano con le passioni, la gioia e il senso di cameratismo dei protagonisti del film:

  1. L’inno nazionale cantato da alcuni e taciuto da altri ha lo scopo di mostrare un’unità del Paese finta, edulcorata, mai avvenuta nella realtà;
  2. L’immagine di alcuni idoli (esempi da emulare soprattutto dai giovani) espressione di una cultura nativa a noi lontana e incomprensibile, pieni di ideogrammi, scritte, simboli, volti, dediche marchiate in modo indelebile su gran parte del corpo.

Ad un certo punto del film il gioco del calcio viene vietato ai ragazzi prima di tutto perché arriva da una nazione nemica alla Germania (l’Inghilterra), in secondo luogo perché li distoglierebbe dalla disciplina, dal coltivare la dedizione ossessiva per la Nazione che va difesa con le armi ad ogni costo e di conseguenza non può esserci spazio per il gioco e la creatività. Tuttavia l’insegnamento del professor Konrad, che ha fatto breccia nelle pulsioni dei giovani scolari, continua a dare i suoi frutti creando un affiatamento e una complicità che prima pareva essere impossibile. Non ci sono idoli da emulare e bandiere da sostenere, ma solo il piacere di stare insieme imparando ad essere un vero gruppo che si sostiene, corre e vive con leggerezza nel rispetto degli avversari, che non sono nemici da combattere ma coetanei con i quali confrontarsi per imparare sempre cose nuove: questo è il senso dello sport.

Tornando al calcio professionistico, così tanto amato e seguito, non ritrovo quei valori degli esordi così determinanti per la crescita e la maturazione di un adolescente.

Ma al di là di tutto, stiamo parlando di un gioco messo in scena da uomini (i nuovi gladiatori) pagati profumatamente dal sistema che ben conosce il potere ipnotico e lo scarico emotivo/aggressivo che esso produce sulle masse inconsapevoli, acritiche e sorprendentemente puerili.
Ma arriva (e sta arrivando) un tempo, come il film racconta in modo esemplare, dove tutto cambia: dove il gioco ritorna ad essere gioco, dove il gruppo diventa un vero gruppo (che si sostiene vicendevolmente), dove gli uomini ritornano ad essere esempi veri, autentici e non macchine inebetite quasi sempre asservite, ed allora questa meravigliosa esperienza che chiamiamo vita lascerà un segno memorabile che verrà ricordato per lungo tempo dalle generazioni a venire.

Maurizio De Santis è autore del libro “Emozioni da mangiare”. Puoi scoprire di più a questo link >>> EMOZIONI DA MANGIARE


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